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Guido Cavalcanti

Guido Cavalcanti (Firenze 1255 - 29 agosto 1300), uno dei massimi poeti del suo tempo, appartenne ad una nobile famiglia guelfa di parte bianca. Cavalcanti fu ostile alle riforme antiaristocratiche del Comune di Firenze e nel 1280 fu rappresentante guelfo alle trattative di pace tra guelfi e ghibellini, fece parte del Consiglio generale del Comune nel 1284 con Brunetto Latini e, in un tentativo di conciliazione fra fazioni, sposò Bice, figlia del ghibellino Farinata degli Uberti.

Negli scontri tra bianchi e neri, si trovò al centro di piů di un episodio di violenza tra le fazioni rivali. Il 24 giugno 1300 fu esiliato a Sarzana, dove contrasse la malaria, amnistiato, tornò a Firenze patria, dove morì alla fine di agosto.

Di Cavalcanti restano 52 componimenti, egli scrisse una poesia melodica, espressione del Dolce stil novo, "leggera" in apparenza, ma che nasconde una grande sapienza retorica ed un solido bagaglio filosofico. Cavalcanti fece della morte e della paura uno dei temi fondamentali della sua poesia e concepì l'amore come "sbigottimento". Tale scelta tematica, conferisce alle sue poesie un tono drammatico.

A Cavalcanti si deve l'introduzione nella poesia italiana degli "spiriti", termine della filosofia scolastica (corrente filosofica e teologica cristiana del Medioevo, dominante nella cultura europea dalla metĂ  dell'XI alla metĂ  del XV secolo. La scolastica fuse in un unico sistema di pensiero le dottrine dei filosofi dell'antichitĂ  dando una base filosofica al cristianesimo, dal XIII secolo, gli scolastici rielaborarono le teorie filosofiche e scientifiche di Aristotele per legittimare razionalmente la rivelazione cristiana) da lui impiegato per descrivere il funzionamento dei sensi e dell'attivitĂ  psicologica dell'individuo entro una prospettiva "laica" dell'esperienza amorosa.

Un caso a parte č la canzone Donna me prega, di impostazione averroistica e dai significati complessi (Averroč sosteneva che le veritĂ  metafisiche, indagate dalla filosofia, sono espresse allegoricamente dalla religione). Nel canzoniere di Cavalcanti, l’amore č colto, nell’ambito dello stilnovismo, come nobile avventura dell’anima, ma Cavalcanti esprime tormento e tristezza ed una visione conflittuale dell’amore e della vita. Nella canzone–manifesto Donna me prega, resa ostica dal frasario filosofico, il poeta concepisce l’amore come passione violenta e angosciosa, come sofferenza e, spesso, come annientamento di ogni facoltĂ  fisica e spirituale e non come spinta al perfezionamento delle doti intellettuali e morali. La donna non č quindi guida alla perfezione spirituale, bensì creatura la cui bellezza induce alla contemplazione, ma la gioia suscitata dall’ammirazione č effimera e lascia nel poeta il dolore di una passione inappagata. La dimensio stilnovistica č quindi limitata alla forma ed all’analisi dell’interiorizzazione. I personaggi sono personificazioni delle pulsioni dell’animo ed il loro colloquio si svolge in un’atmosfera onirica, a volte d’incubo. La donna che domina la mente del poeta č l’immagine prodotta dalla fantasia e dal sentimento. Dante ricorda Cavalcanti nella Divina Commedia (Inferno, X; Purgatorio, XI) e nel De vulgari eloquentia, Boccaccio nel Commento alla Divina Commedia e in una novella del Decameron.

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